Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti. Se vuoi saperne di più o negare il consenso consulta l'informativa sulla privacy. Proseguendo la navigazione o cliccando su "Chiudi" acconsenti all'uso dei cookie. Chiudi
vai al contenuto vai al menu principale vai alla sezione Accessibilità vai alla mappa del sito
Login  Docente | Studente | Personale | Italiano  English
 
Home page Home page

La Grande Migrazione è una rivoluzione che ci aiuta a vedere il nostro volto

Martedì 28 marzo a Reggio Calabria si è svolto il secondo seminario del ciclo “Andare/Restare (comunque in movimento)” promosso dalla Biblioteca del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea, durante il quale il giornalista Domenico Quirico ha presentato il suo libro “Esodo: storia del primo millennio”, pubblicato da Neri Pozza editore. L’incontro è stato condotto dal Prof. Salvatore Di Fazio, delegato dei servizi di Biblioteca, che ha delineato un breve ritratto professionale di Quirico, inviato del quotidiano “La Stampa”, e ha illustrato brevemente i contenuti del libro. In esso il problema delle migrazioni viene ad assumere i connotati di una sfida epocale che la società occidentale deve saper di cogliere, se ancora vuol vivere. “Abitanti di un mondo in declino, trepidiamo soltanto per la nostra ricchezza, proprio come i popoli vecchi, le civiltà al tramonto. E non ci accorgiamo che nelle nostre tiepide città in cui coltiviamo la nostra artificiale solitudine, vi sono già alveari ronzanti, di rumore e di colore, di preghiera e furore. Il mondo di domani”. Così scrive Quirico nel libro, ed è a partire dal suo testo che si svolge l’incontro con l’Autore, in telecollegamento da Torino. L’improvvisa e prolungata sospensione dei voli di Alitalia da e per Reggio Calabria ne ha impedito all’ultimo momento la presenza fisica in Università, ma la comunicazione a distanza ha ulteriormente valorizzato la forza di testimonianza e il potere evocativo delle parole, accolte con attenzione dai presenti. La conversazione con Quirico è a stata a sua volta collocata tra spezzoni di filmati e interviste che hanno aiutato a conoscerne la figura e il pensiero. Alla fine è emersa una sorta di intervista a più voci, utile per capire meglio la complessa realtà che abbiamo di fronte.Qual è la genesi del libro e in che senso, così come vi vien detto nel capitolo introduttivo, le migrazioni cui assistiamo richiedono una nuova narrazione?
DQ: “Il libro ha a che fare con la mia esperienza di giornalista. Da inviato, sono stato per anni in posti come Mali, Somalia, Congo, Ruanda, Libia, Siria, giusto per dirne alcuni. Il racconto di Esodo è quello delle storie e delle persone che ho conosciuto, dei migranti di cui ho condiviso il viaggio. La migrazione è un’esperienza difficilmente descrivibile e narrabile se non partecipandovi, almeno in parte. Non la si può osservare da lontano, scrivendo da dietro un tavolo, né narrarla andando a intervistare quelli che sbarcano sulle nostre coste, quelli che per così dire ce l’hanno fatta. Essi non ti dicono tutto – non per omertà o menzogna, ma per pudore, perché molto di quel che hanno vissuto o visto è indicibile, inenarrabile. Di tanti altri, della loro sorte, non si sa niente. L’attraversamento del Mediterraneo, ancorché drammatico, non è che la minima parte del viaggio: la si misura in ore, giorni. Ma tutto il viaggio che c’è stato prima dell’attraversamento è inimmaginabile e in molti casi dura tre, quattro, cinque anni...La persona che arriva non è la stessa persona che è partita. Lungo il cammino si è spogliata di tutto. E quello dei migranti, è un vero e proprio popolo a sé stante. Ne vediamo arrivare da noi un numero molto piccolo, ma nel mondo se ne stimano almeno 100 milioni. È il popolo della Grande Migrazione.”
In che modo la migrazione interpella le nostre società, in Europa e in Italia...
DQ: “La migrazione è un fenomeno rivoluzionario. È rivoluzionario perché determina lo smascheramento dell’ipocrisia di quello che dipingiamo come ‘il nostro mondo’, rivelandolo come un mondo di cartapesta, finto. È un mondo nel quale ci dichiariamo profeti di una certa condizione della storia, difensori dei diritti umani, della centralità dell’individuo, ecc. ma quando i migranti hanno bussato alla nostra porta si è dimostrato che non siamo quel che diciamo di essere. Accogliamo i migranti indossando i guanti di gomma e la mascherina, cosa che normalmente non facciamo neanche con le bestie. La paura della contaminazione! Se noi siamo così... se non riusciamo a rispondere in modo politico, organizzativo, strutturale, sociale all’arrivo di decine di migliaia di individui – non di milioni di persone! – ...se noi che siamo in Europa 550 milioni di persone che vivono in modo relativamente decente non riusciamo ad accoglierne 200 mila altre, allora vuol dire che tutto è falso, non c’è nulla di vero in ciò che proclamiamo. È in questo senso che la migrazione finisce per essere rivoluzionaria: è lo smascheramento della bugia. Fa emergere verità che cerchiamo invece di nascondere”.
In diverse occasioni lei ha detto che i veri nemici dei migranti, forse più di quelli che erigono muri, sono i loro “falsi amici”. Può spiegar meglio chi sono costoro?
DQ: “Con i migranti c’è un sacco di gente che fa affari d’oro, in tanti modi, dallo scafista – che lo fa in modo evidente ed è stramaledetto – a coloro che si occupano della cosiddetta “accoglienza” e mettono su attività economiche che permettono di rimpinguare il conto in banca utilizzando i migranti come il materiale delle attività stesse. Questi ultimi non sono diversi dagli scafisti. C’è, anche nel nostro paese, una speculazione economica sul migrante. E c’è la speculazione politica. C’è la speculazione di coloro che a parole si proclamano apostoli della misericordia e poi aggiungono la parolina ma seguita da tre puntini, dietro cui c’è la negazione pratica della misericordia stessa, il suo sfruttamento politico”.
Un esempio?
DQ: “Giusto per fare nomi e cognomi: il passato governo – di quello presente non parlo, perché non si è ancora capito che vuol fare – ha utilizzato i migranti come merce di scambio verso l’UE, barattandoli come massa di manovra per ottenere vantaggi economici, ad esempio in termini di alleggerimento dei vincoli posti allo sforamento del PIL. È vergognoso. Mi vengono in mente dei precedenti grotteschi, come quello di Mobutu, dittatore del Congo che faceva arrivare nel suo paese i profughi dal Ruanda, dal Burundi, dall’Uganda e che usava ciò per chiedere aiuti internazionali e ottenere riconoscimento politico da coloro che lo consideravano come un personaggio da eliminare. Il meccanismo è lo stesso, ma ammantato da un po’ più di retorica. Allo stesso modo, noi oggi si va a batter cassa all’UE. Questi “falsi amici” dei migranti sono pericolosi per i migranti stessi e per la coscienza etica dell’occidente.
Il terrorismo che accompagna l’avanzata dell’Isis e i diversi attentati avvenuti in Europa negli ultimi anni ci hanno costretto a prestare attenzione a una realtà un po’ più ampia di quella cui eravamo normalmente abituati. Ci chiedono oggi di considerare le tante tragedie che si consumano in posti apparentemente lontani come qualcosa che ci appartiene. Come possiamo aiutarci a rendere normale questo sguardo sulla realtà, ad averlo non solo quando ci arrivano le bombe o gli attentati sotto casa?
DQ: “Ci appartiene, ad esempio, la tragedia siriana, figlia anche dell’indifferenza e della realpolitik con cui l’occidente – l’Europa, gli Stati Uniti – hanno affrontato il dramma della guerra civile in quel paese dal 2011 ad oggi. Noi facciamo finta che la Siria sia molto lontana per tranquillizzarci, ma non è così. La rivoluzione siriana era qualcosa in cui potevamo rispecchiarci, almeno nelle finalità, ancorché assai confuse e politicamente mal determinate, ma quel che è venuto dopo è un’altra cosa, perché abbiamo lasciato macerare la situazione in modo incredibile sotto le bombe degli altri – lo jihadismo, il califfato ; tutto ciò è la conseguenza del non aver fatto nulla per quella parte del mondo, così come per altre situazioni simili. Il problema del terrorismo (parola forse riduttiva), o meglio dell’avanzata di un sistema che si ispira a una concezione molto parziale, sanguinaria, totalitaria di una fede, cominceremo a capirlo il giorno in cui la notizia di un attentato con cinque o dieci morti in una capitale europea la leggeremo non come ‘un attacco alla civiltà umana’, ma per quel che è, un episodio certamente tragico di una guerra molto più vasta che si svolge su molti scenari. Un’auto-bomba che ammazza cinquanta persone a Baghdad non è una cosa diversa. Ci vuole un’altra capacità di immaginarsi nel mondo e nella storia per capire questa vicinanza. Quando ciò sarà accaduto, allora potremo iniziare a discutere per decidere cosa fare”.
Il suo sembra essere un invito ad ampliare l’orizzonte del proprio sguardo, a vedere la realtà in modo diverso. Per chi oggi studia e lavora in Università, ciò cosa può voler dire?
DQ: “Vedo molti giovani che continuano a fare Erasmus andando in città europee. Che ci vanno a fare? Il mondo pulsa e vive, a volte in modo convulso, in altri luoghi. Andate a Ouagadougou! Andate a New Delhi, in qualche altro continente del mondo! Quando andate a Parigi o a Londra, andate in luoghi morti. Di che parlano lì? Del PIL, la finanza, la borsa, le stesse cose di cui parliamo noi a Milano. Ma chi se ne frega del PIL, della borsa...Perdonatemi, forse è un discorso un po’ radicale, ma ci sono altri luoghi che attendono dei profeti, non dei banchieri e dei bancari, e sono mondi pieni di energia e di conseguenze sugli altri mondi, pieni anche di sofferenza e di dolore, di trasformazione della storia. Luoghi così sempre sono stati più decisivi, rispetto a quello che possano decidere Hollande e la signora Merkel, i quali nel terzo millennio staranno in qualche nota a pie’ di pagina. È la stessa cosa che ho detto a mia figlia che oggi studia a Johannesburg ma voleva fare Erasmus a Lione. Che ci vai a fare a Lione? Magari è un nome che apparirà meglio in un curriculum (forse oggi neanche quello...), ma che ci vai a fare? Cosa puoi capire lì del mondo?”
All’intervento di Domenico Quirico è seguita la proiezione di un breve film di montaggio realizzato dalla Biblioteca di Agraria con brani di interviste nei quali egli tratteggia la sua esperienza di giornalista e il suo metodo di lavoro.
Il ciclo di seminari della Biblioteca del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria proseguirà Giovedì 6 Aprile alle 16:30 con lo scrittore Carmine Abate che presenterà il suo ultimo libro “Il banchetto di nozze e altri sapori”, edito da Mondadori.

Cerca nel sito

 

Posta Elettronica Certificata

Direzione

Tel +39 0965.1694540

Fax +39 0965.1694550

Indirizzo e-mail


Ufficio didattica

Tel +39 0965.1694520

Fax +39 0965.810538

Indirizzo e-mail

Segreteria amministrativa

Tel +39 0965.1694510

Fax +39 0965.1694550

Indirizzo e-mail


Ufficio Orientamento

Tel +39 0965.1694206

Fax +39 0965.1694550

Indirizzo e-mail

Segreteria studenti

Tel +39 0965 1691471


Indirizzo e-mail


Biblioteca

Tel +39 0965.1694208 / 29 / 09

Fax +39 0965.1694550

Indirizzo e-mail

Social

Facebook Twitter

YouTube Instagram

Tik Tok Telegram